Le relazioni tra l’Italia e la Bosnia Erzegovina sono antiche e forti. Qualche dato e curiosità sulla storia dei nostri rapporti ne testimonia la vivacità e la ricchezza.
La regina di Bosnia Katarina Vukčić Kosača (1424-1478), moglie di Sjepan Tomaš, dopo l’invasione del regno da parte degli ottomani e l’assassinio dell’allora Re Stjepan Tomašević, si rifugiò dapprima a Ragusa (Dubrovnik) e poi a Roma, dove ottenne l’aiuto e l’ospitalità del Pontefice ed il rispetto dei locali e sostenne incessantemente la causa della liberazione della madrepatria.
Dopo la sua morte, nel 1478, venne sepolta nella Chiesa di Santa Maria in AraCoeli, dove sono tuttora custodite le sue spoglie.
Le relazioni crebbero e si intensificarono durante il dominio ottomano nei Balcani. Dall’Archivio di Stato di Venezia, ad esempio, sono recentemente riemerse prove documentali dei forti rapporti tra la Repubblica di Venezia e la Sublime Porta a Sarajevo: ad esempio, in una lettera del 1625, il Doge di Venezia si rivolse a Murteza Pasha di Sarajevo con una richiesta di accrescere le opportunità di accesso dei mercanti veneziani al mercato bosniaco.
La prima rappresentanza diplomatica italiana sul territorio della Bosnia Erzegovina risale al 1862, quando il Re Vittorio Emanuele II – appena un anno dopo l’indipendenza del Regno d’Italia – decise di istituire a Sarajevo il primo Consolato Generale del Regno d’Italia.
Durante il dominio asburgico della Bosnia Erzegovina, diverse comunità provenienti dal Trentino, impoverite da una grave carestia, vennero trasferite dall’Impero nelle province bosniache verso la fine del XIX secolo. Ancora oggi, in diverse località della Bosnia Erzegovina risiedono comunità di cittadini di origine italiana, in particolare trentina, che hanno grandemente contribuito allo sviluppo ed alla crescita del territorio.
Anche durante il periodo iugoslavo, i legami tra l’Italia e la Bosnia Erzegovina sono rimasti forti. Si ricorda in particolare la storica visita a Sarajevo, nell’ottobre del 1979, dell’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini. A Raif Dizdarević, primo Presidente bosgnacco della Presidenza Iugoslava, confessò di essersi commosso perché gruppi di giovani avevano gridato ʺViva Sandro” in segno di amicizia. “Siamo in una terra di cultura e civiltà antica”, dichiarò in quell’occasione Pertini.
Il conflitto degli anni novanta, pur nella sua tragicità, ha costituito un elemento di ulteriore rafforzamento dei legami tra Italia e Bosnia Erzegovina ed, in particolare, tra le rispettive società civili. Degna di menzione la famosa “marcia dei 500”, iniziativa non-violenta di pacifisti italiani che partirono da Ancona diretti a Sarajevo, per denunciare l’assurdità della guerra e manifestare per la cessazione delle ostilità. Analoga iniziativa (“Mir sada”: “pace adesso”) ebbe luogo l’anno successivo e vide numerosissimi attivisti impegnati in iniziative di solidarietà con comunità di tutto il territorio della Bosnia Erzegovina.
L’Italia si mobilitò in forme e proporzioni mai conosciute prima, con iniziative ed attività di carattere umanitario a larghissimo spettro. L’accoglienza dei rifugiati bosniaco-erzegovesi costituì solo una parte di tale impegno: ancora oggi decine di bambini si recano ogni anno in Italia attraverso schemi di accoglienza nati proprio durante il conflitto degli anni novanta e proseguiti negli anni quale forma di scambi studenteschi e giovanili. Parallelamente, sempre più ampia è la partecipazione di studenti italiani a scambi giovanili in Bosnia Erzegovina.
La solidarietà fu talmente estesa che si rese necessario sistematizzarla in un sistema strutturato di relazioni: si tratta del famoso “Atlante” della cooperazione decentrata tra Italia e Bosnia Erzegovina, che ebbe la luce proprio negli anni novanta ed i cui effetti positivi si registrano ancora oggi, come è testimoniato dalla perdurante esistenza di protocolli di partenariato e gemellaggi tra diverse realtà amministrative italiane e bosniaco-erzegovesi. Tra queste si ricorda, a titolo di esempio, la cooperazione tra la Regione Piemonte ed il Cantone di Zenica-Doboj, formalizzata in un memorandum di cooperazione recentemente rinnovato.
Accanto alla dimensione della cooperazione, le relazioni politiche e diplomatiche sono cresciute e si sono rafforzate nel tempo. La prima visita di un Capo di Stato italiano in Bosnia Erzegovina, all’ora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, avvenne nel luglio del 1998.
Fece seguito, nel 2002, la visita del Presidente Carlo Azeglio Ciampi, il quale visitò Mostar, ove pose la prima pietra per la ricostruzione del distrutto ponte vecchio della Città (ricostruito grazie all’ingente apporto dei donatori internazionali ed, in particolare, proprio dell’Italia), e Sarajevo.
L’ultima visita di un Capo di Stato italiano in Bosnia Erzegovina risale al maggio del 2016, in occasione della Riunione plenaria del Vertice del Processo di Brdo-Brioni che si tenne a Sarajevo: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella incontrò allora la Presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina, il contingente militare italiano presso la missione EUFOR / Althea e visitò la collezione di arte contemporanea “ARS AEVI”, da sempre tra le maggiori espressioni della vivace cooperazione culturale tra Italia e Bosnia Erzegovina.
Negli anni, frequenti sono state le visite a livello di Ministri degli Affari Esteri. Il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano, On. Antonio Tajani, è stato in missione ufficiale a Sarajevo con il suo omologo austriaco nel marzo 2023 ed il Ministro degli Affari Esteri della Bosnia Erzegovina, Elmedin Konaković, si è recato a Roma il mese successivo per partecipare al vertice dei Ministri degli Esteri dei Paesi dei Balcani occidentali organizzato proprio dal Governo italiano.
Le relazioni bilaterali tra Italia e Bosnia Erzegovina sono oggi ricche e dinamiche, caratterizzate da scambi ad ogni livello ed in ogni settore.